Buon 2020. Dove eravamo rimasti?
L'insperato si è concretizzato, l'America ritorna sui suoi passi
Si è chiuso un cerchio che era aperto dal 2016. La disfatta di Trump alle elezioni del 2020 - non sapremo mai quanto reale o quanto dovuta a frodi e brogli visto che di indizi in tal senso ce ne sono tanti - è stata solo un glitch della storia. Una interferenza. Un momento di perdita del segnale che ha mandato il mondo in pausa per quattro anni, gettandolo nel caos.
Adesso è arrivato il momento per Joe di andarsi a riposare e per Kamala di dedicarsi a ciò che sa fare meglio, sperando che possa scoprire presto che cos’è.
Il paese è chiaramente spaccato in due e sicuramente, nonostante l’indiscutibilmente schiacciante vittoria di Trump, sono lontani i tempi dove gli americani si riconoscevano nel loro Presidente indipendentemente dal fatto che lo avessero votato o meno.
Inutile nascondersi dietro un dito: la tensione c’è. L’odio verso Trump è benzina per l’animo di molti democratici e anche di qualche repubblicano, e il potere strappato così malamente dalle mani di chi ormai pensava di poterselo tenere per sempre non verrà ceduto senza lotta.
Che non significa che mi aspetti un assalto a Capitol Hill al contrario, ma è bene prevedere che le agenzie di sicurezza, gli apparati e il cosiddetto “deep state” ingaggeranno una lotta all’ultimo sangue contro il Presidente e il suo staff.
E contro i pezzi della società civile che sono con lui.
Trump a questo giro però è experienced. Sa come muoversi, ha idea di chi e cosa cercherà di fermarlo, conosce molto meglio di otto anni fa la grammatica della politica. E lotterà duramente, farà saltare teste, prenderà decisioni apparentemente impulsive e trancianti.
Diranno che è pazzo, che non vuole ascoltare nessuno che non gli dia ragione. Diranno che è un tiranno, un accentratore di potere, un pericoloso nazista. Un pericolo per la democrazia.
E scateneranno contro di lui la furia dei teppisti di Antifa e Black Lives Matter.
È solo questione di tempo.
Oggi il sole splende a Washington. La città è tranquilla, calma. Le barricate erette in questi giorni sembrano ora un’inutile dispendio di danaro, un monumento appassito all’aspettativa disattesa, falsamente temuta ma sotto sotto desiderata.
È una tragedia per i Dem, perché violenza dei Proud Boys è il petrolio che estraggono dai loro compatrioti per alimentare la macchina del Potere, quello senza colore, quello che è un collante talmente forte da unire i Cheney ai Biden e agli Harris.
Ai Dem serve così tanto il sangue che se non scorre da solo sono pronti a sparare per ottenerlo, come successo il 6 gennaio.
Ci aspetta un futuro più libero?
Gli americani hanno preso a calci in bocca il wokeism. Lo hanno ricacciato nelle fogne a sonore bastonate, come si fa per terrore con gli animali pericolosi il cui morso può costarti la vita.
È quindi finita per questa folle e pericolosa ideologia? Abbiamo abbattuto la bestia che si riproduceva senza controllo dentro di noi impossessandosi del nostro corpo e dei nostri pensieri?
Saremo più liberi?
È presto per dirlo, secondo me.
Se questi fossero intelligenti schiaccerebbero la frizione scollegando il motore dalle ruote, perché tenere l’acceleratore a tavoletta li ha travolti anziché portarli alla vittoria. Aprirebbero insomma la morsa, ci lascerebbero respirare, a cominciare dai social media e dal web, che nell’interesse dei Dem dovrebbero diventare posti più liberi, meno nazi-woke e censurati.
Chiudere le valvole di sfogo ha solo causato lo scoppio della pentola a pressione, che gli è esplosa in faccia.
Ma se questi fossero intelligenti non saremmo arrivati a questo punto. Non avrebbero neppure immaginato di costruire un mondo del genere. E quindi c’è il rischio che il mondo economico, per combattere Trump, dai giornali ai social media, da Boeing a Facebook, cerchi di accelerare ancora di più.
Tra non molto scopriremo che cosa ci aspetta. Ma ora è tempo di rallegrarsi, si è aperto uno spiraglio di speranza.
Buon 2020. Dove eravamo rimasti?